martedì 22 febbraio 2011

Sezze per il Cinema israeliano e palestinese

L’appuntamento è per domani 23 febbraio alle ore 10,30, all’auditorium “Mario Costa” di Sezze, in un incontro aperto a tutti. Confronto tra Asher Salah e Mohammad Bakri

Una via di pace
Sezze chiama palestina
La cultura può arrivare dove la politica s’è arresa

Una terra, due popoli. E’ la Palestina. Tutta la Palestina: quella dove è sorto Israele, la patria degli ebrei, e quella amministrata formalmente dall’Anp, la Cisgiordania e la striscia di Gaza, la Giudea e Samaria per gli ebrei, dove dovrebbe nascere lo stato indipendente degli arabi palestinesi. E’ una terra lacerata, che non trova pace dal 1948.
Una tensione continua, quotidiana, che avvelena la vita di tutti, ebrei e palestinesi. Un problema enorme, che si trascina da più di 60 anni e appare irrisolvibile, come sempre accade quando entrambi i contendenti hanno ragione. Perché di questo, in realtà, si tratta: hanno ragione sia gli israeliani che i palestinesi. E’ un argomento su cui sono stati scritti centinaia di libri di storia, trattati, analisi. Romanzi e poesie. E che è stato affrontato in decine di incontri a tutti i livelli, in dibattiti televisivi, inchieste giornalistiche. Suscitando a volte grandi speranze, seguite da delusioni altrettanto grandi. Quasi mai, però, sono stati posti di fronte, a discuterne, ciascuno dal suo punto di vista, gli uomini di cultura delle due parti. Certo, il loro parere è stato sollecitato spesso, ma in genere separatamente, attraverso scritti, interviste o, al più, confronti a distanza. Il gruppo Araba Fenice di Sezze, ora, prova un’altra strada: mette l’uno davanti all ’altro due intellettuali, un ebreo e un palestinese, che si sono spesi molto sulla sorte e sul futuro del proprio Paese: Asher Salah, saggista e storico del cinema, e Mohammad Bakri, attore e regista di fama internazionale. Due personaggi fortemente impegnati, nella vita e nella loro stesso “opera” culturale e artistica, nella lotta per affermare il diritto ad esistere di Israele e della Palestina: il diritto di israeliani e palestinesi a vivere non soltanto come individui, ma come popolo e come nazione. Asher Salah, nato a Firenze nel 1967, emigrato in Israele nel 1991 dopo un fitto ciclo di studi in Italia, Spagna, Argentina, Svizzera e Francia, è uno dei massimi esperti della letteratura ebraica italiana, membro dell’Israeli Historical Association of Italian Jewish Studies, dell’Associazione italiana per lo studio del giudaismo e dell’Association of Israel Studies. Tra le sue numerose pubblicazioni, da ricordare due “titoli” particolarmente legati al confronto con Bakri, “La storia dell’altro: israeliani e palestinesi” e “Israele Palestina, culture di frontiera”. Mohammad Zakri, 58 anni, palestinese della Galilea, dopo gli studi di letteratura araba all’università di Tel Aviv, è diventato uno degli attori teatrali e di cinema più seguiti e amati in Israele e in Palestina, ma molto noto anche in Europa: memorabile, ad esempio,
la sua interpretazione di, Nazim, il mendicante, nella Masseria delle allodole, sull’olocausto degli Armeni. Ancora più noto, però, per i suoi documentari che – dice lui stesso – è stato “costretto” a girare per “raccontare la verità sulla storia della Palestina”. Soprattutto “Jenin Jenin”, sulla vicenda del campo profughi di Jenin nell’aprile del 2002, un lavoro appassionato, fatto di struggenti testimonianze raccolte entrando di persona nel campo, appena possibile, e nelle quali contesta al l’esercito israeliano di aver compiuto una vera e propria strage anche di civili, con molte più vittime delle 52 dichiarate ufficialmente. Un film che è diventato un caso internazionale, dopo che la sua proiezione è stata vietata in Israele, salvo poi ad essere riammesso, su sentenza dell’Alta Corte di Giustizia Israeliana, dopo una lunga battaglia legale. L’appuntamento è per mercoledì mattina (ore 10,30) all’auditorium “Mario Costa” di Sezze, in un incontro aperto a tutti. Un incontro da non perdere, anche perché il tema trattato riguarda Latina e la sua provincia più da vicino di quanto si possa pensare. A Roma, a due passi, vive la comunità ebraica più antica a famosa d’Europa e molte delle sue famiglie più tradizionali “tradiscono”, con il loro cognome (Sermoneta, Terracina, Piperno, Fondi, Sonnino, Gaeta), la provenienza dal territorio dell’attuale provincia pontina, dove i loro antenati si erano stanziati ed hanno vissuto fino a quando, a metà del 1500, l’editto di papa Paolo IV Carafa non li ha costretti ad emigrare nel ghetto di Roma. E tutti gli ebrei romani hanno eletto Israele a loro seconda patria, donandole numerosi dei loro figli migliori, che hanno contribuito ad edificare il nuovo Stato con il proprio lavoro e sacrificandosi Mspesso in tutte le guerre, dal 1948 ad oggi. D’altra parte, in provincia di Latina vivono, oltre a un manipolo di migranti dalla Cisgiordania o da Gaza, migliaia di marocchini, tunisini, egiziani: arabi che da sempre sentono il problema dei “fratelli palestinesi” come un proprio problema: vitale e lacerante come può esserlo una ferita che non si riesce a rimarginare. Essere presenti ed ascoltare Asher Salah e Moahammad Bakri può aiutare a capire gli uni e gli altri, gli israeliani e i palestinesi. E noi stessi a capire. Per poter contribuire a risolvere un problema che appare irrisolvibile proprio perché, vale la pena ripeterlo, entrambe le parti, israeliani e palestinesi, ebrei e arabi, hanno ragione. E che proprio per questo forse va affrontato seguendo vie diverse da quelle battute finora. La via, ad esempio, di un unico stato binazionale per due popoli. Che può essere la via della reciproca comprensione: ebrei ed arabi insieme, nonostante questi ultimi 60 anni.

Articolo di Emilio Drudi su Latina Oggi di Lunedì 21 Febbraio 2011

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